Diversi tipi di canapa

Differenze tra Cannabis e Marijuana

Quando gli stati uniti negli anni ’30 cominciarono la campagna di diffamazione contro la canapa che poi si diffuse in tutto il mondo, si partì dall’assunto che la cannabis fosse uguale alla Marijuana e quindi da bandire senza distinzioni, anche se fino a quel momento erano state usate entrambe per la fabbricazione di tessuti o utilizzate in medicina senza particolari problemi. Ma è davvero così, sono la stessa cosa o ci sono delle differenze?

La Cannabis Sativa è una pianta che fa parte della più ampia famiglia delle Cannabacee, in cui troviamo anche il luppolo e altre piante poco conosciute e meno utilizzate a scopi commerciali. La cannabis è una pianta dioica, cioè dai sessi separati, dove il maschio per mezzo dal vento feconda una femmina per farle produrre fiori e semi. La tassonomia riguardo questa specie è stata motivo di dibattito e oggi possiamo fare riferimento a due studi principali. Il primo è quello condotto da Small e Cronquist del 1976 che distinguono solo una specie, la Cannabis Sativa, con due sottospecie, ciascuna con due varietà:

Cannabis sativa L.

    • ssp. indica (Lam.) E. Small & Cronq.
      • var. indica
      • var. kafiristanica Vavilov
    • ssp. sativa
      • var. sativa
      • var. spontanea Vavilov

Richard Shultes invece, partendo dalle ricerche del botanico D. E. Janichewsky del 1924, diffonde in occidente una classificazione leggermente diversa dove vengono individuate tre specie:

Ad oggi viene comunemente accettato che la specie sia una, cioè quella Sativa, e che le sottospecie C. indica e C. ruderalis siano solo varianti fenotipiche. Come si evince da queste osservazioni la Marijuana così comunemente detta non esiste da un punto di vista scientifico, essendo il nome “volgare” usato dalle popolazioni messicane (per saperne di più leggi il nostro articolo) per indicare una pianta di Cannabis molto ricca in THC, esattamente come il sinonimo Ganja di origine indiana.

Le differenze che le distinguono sono date dalla morfologia (altezza, grandezza dei fusti e delle cime, colore delle foglie) e dalla concentrazione di quelle particolari sostanze dette terpeni, flavonoidi e fitocannabinoidi (leggi articolo) che definiscono l’identità della pianta stessa: se sarà più o meno psicotropa o adatta per l’utilizzo medico o agricolo, dipende dalla genetica dei semi e da come viene coltivata e cresciuta.

Per produrre fibra ad esempio le piante vengono tenute vicine tra loro in modo da farle sviluppare in altezza e con pochissime ramificazioni e non si procede in fase di fioritura alla divisione tra maschi e femmine, e quindi all’impollinazione che da origine alle infiorescenze, essenziali in ambito medico e ricreativo. Per la produzione di cordame e tessuti abbiamo bisogno della corteccia, mentre per materiali da costruzione e combustibile serve il canapuolo, la parte interna del fusto. Quando invece l’obbiettivo è ricreativo o medicinale ci servono semi (da cui si estrae l’olio) e fiori prodotti dalla femmina. È dalla resina prodotta dalle infiorescenze (il cui scopo sembra essere quello di proteggere il seme dal calore eccessivo e di trattenere l’umidità), che si ottengono la maggior parte dei fitocannabinoidi come THC o CBD.

Detto questo quando utilizziamo il termine Canapa tendiamo a indicare una pianta ricca soprattutto in CBD e altri fitocannabinoidi, utilizzata a scopi alimentari, produttivi e curativi ma dal basso effetto “sballante”, mentre con Marijuana o Ganja una pianta che presenta alti livelli di THC -molecola conosciuta per le sue qualità psicotrope- usata soprattutto a scopo ricreativo (e anche medico con risultati diversi).

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