Cos’è il Cannabidiolo (CBD)

Il CBD (cannabidiolo) è un fitocannabinoide presente nella pianta di cannabis sativa, che a differenza del più famoso THC (tetraidrocannabinolo), non ha nessun effetto psicoattivo/psicotropo. Sono ormai moltissimi gli studi scientifici che oltre a provare le indubbie qualità terapeutiche di questa molecola, non hanno mai riscontrato livelli di tossicità o controindicazioni allergiche preoccupanti, anche in dosi massicce. Non provoca nessuna forma di dipendenza, ed è una sostanza quando usata a scopi terapeutici, molto più sicura della maggior parte dei farmaci in commercio. Non è un caso che recentemente sia stato classificato dall’O.M.S. come un “integratore alimentare” e che dal 2020 sia stato cancellato dalla quarta tabella della Convenzione sulle sostanze psicotrope del 1961 (leggi articolo sul proibizionismo).

Il CBD ha una storia antica alle spalle anche se dal punto di vista della medicina moderna possiamo dire sia stato “riscoperto” solo negli anni 40, da un’equipe di ricercatori con a capo Roger Adams che pubblicarono i risultati nel “Journal of the American Chemical Society”, osservando che la sostanza non aveva nessun delle attività fisiologiche tipiche della marijuana. In altre parole si affermava che non era psicoattivo. La ricerca però rimase fine a se stessa, soffocata dal contesto conservativo che regnava in quegli anni in campo medico e politico, bloccando l’avanzamento di studi affini. Per i vent’anni successivi la ricerca sulla canapa e le sostanze da essa ricavate rimase molto limitata e solo intorno agli anni 60 qualcosa cominciò a cambiare, quando un equipe di ricercatori Israeliani con a capo Raphael Mechoulam riuscì a isolare la struttura chimica del THC fino ad allora ottenuto solo tramite sintesi dallo stesso Adams, che però non riuscì mai a isolarlo direttamente dalla pianta a causa della tecnologia di cui ancora non disponeva.

L’equipe incaricata dello studio scoprì che i cannabinoidi presenti nelle piante di canapa non alteravano la struttura della membrana cellulare in maniera “aspecifica” come si pensava, ma si legavano a dei ricettori presenti nel nostro organismo in modo del tutto naturale. Ricettori facenti parte di una rete o sistema scoperto solo recentemente e definito “endocannabinoide”(S.E.C.) presente nel cervello, nel sistema nervoso centrale e quello periferico. Questa rete di recettori cellulari ed enzimi perfettamente compatibili con endocannabinoidi (prodotti dall’organismo umano) e fitocannabinoidi (prodotti dalle piante) è in grado di equilibrare e regolamentare l’appetito, il dolore, l’ansia, l’umore e la memoria.

-Un esempio recente ci è stato dato dagli studi scientifici svolti nell’università dell’Insubria che hanno dimostrato l’efficacia del CBD nella gestione del dolore, sia esso cronico o acuto, grazie all’inibizione nella produzione di citochine(molecole infiammatorie), della capacità di attivare i recettori coinvolti nella trasmissione e la cronicizzazione del dolore, come di regolare quei processi chimici dell’endocannabinoide anandamide (cannabinoide endogeno prodotto dall’organismo umano) legato alla percezione del dolore. L’uso del CBD è stato anche promettente nell’attenuazione di dolore neuropatico, come quello provocato dalle nevralgie croniche o dai cicli di chemioterapia. È infatti in grado, grazie all’interazione con i ricettori del sistema serotoninergico, di alzare i livelli di serotonina, molecola conosciuta anche come “della felicità” o “del buon umore”-.

Stabilito quindi cosa siano i cannabinoidi e il sistema in grado di interagire con essi, possiamo spiegare quali sono i ricettori coinvolti in questa interazione chimica. Essendo gli studi molto recenti ancora non ci sono certezze definitive sulla presenza di più o meno ricettori rispetto a quelli scoperti, ma per ora ne sono stati identificati due in particolare: il primo è il CB1, ricettore presente maggiormente nel cervello, soprattutto nell’ippocampo, nella corteccia celebrale, nel cervelletto e nei gagli basali. E in misura ridotta anche nel sistema immunitario, in alcuni organi e tessuti.

Il secondo denominato CB2 è maggiormente presente nei globuli bianchi e contribuisce a mantenere efficiente il sistema immunitario, ma lo troviamo anche in alcune aree del cervello. Il CBD non si lega direttamente a questi ricettori, al contrario, interagisce con essi impedendo il legame alla molecola di THC eliminando di fatto l’effetto psicotropo.

Sappiamo inoltre che assieme ai recettori già menzionati, ce ne sono altri che rivestono un ruolo importante nel determinare la salute generale dell’organismo. Vediamone alcuni: il 5HT1A che fa parte della famiglia dei “ricettori della serotonina”, quando interagisce col CBD stimola la produzione di processi chimici con funzione anti-depressiva e ansiolitica. Il TRPV1 presente soprattutto nel sistema nervoso periferico, responsabile della trasmissione del dolore e della percezione degli stati infiammatori e della temperatura corporea, interagendo col CBD si “desensibilizza” mitigando il dolore. Il GPR55 recettore presente nel cervelletto e in quelle cellule note come “osteoblasti”, si occupa di regolamentare la pressione sanguigna e la densità delle ossa. Il CBD può inibire questo ricettore quando è disfunzionale causando problemi come l’osteoporosi o di pressione alta. E infine il GABA-A che secondo studi piuttosto recenti sembra essere influenzato dal CBD secondo una modalità di azione che può essere attinente agli effetti anti-convulsivanti e ansiolitici di alcuni farmaci allopatici.

Gli altri Fitocannabinoidi

Delle oltre 700 sostanze chimiche trovate nelle piante di cannabis, i fitocannabinoidi sono quelle più studiate, al punto che oggi ne conosciamo circa 120. Oltre i conosciuti CBD e THC, anche tutti gli altri sembrano dare un qualche contributo alla salute generale dell’organismo, anche se molte delle loro funzioni deve essere ancora scoperte. I Cannabinoidi sono molecole dalla bassa solubilità e per questo particolarmente difficili da assorbire per l’organismo se non vengono inalati o assunti per contatto. Fortunatamente grazie alle tecnologie oggi utilizzate è possibile farli assorbire facilmente dall’organismo per via orale, grazie alla diluizione in vettori come olio di canapa, olio di oliva o di sesamo, ricchi di lipidi che ne aumentano la biodisponibiltà fino a tre volte.

la cannabis non è l’unica pianta a produrre fitocannabinoidi. Un altro esempio ci viene dall’Echinacea, conosciuta per le sue proprietà antivirali e contro le malattie da raffreddamento, che produce un fitocannabinoide in grado di agire sul recettore CB2 di cui abbiamo parlato in precedenza, prendendosi cura del sistema immunitario

Il cannabinoide principale, quello da cui vengono sintetizzati tutti gli altri è chiamato GBGA:

da esso si formano tutti i precursori chimici degli altri fitocannabinoidi, compresi il CBD e il THC.

Inizialmente però queste due molecole non sono ancora come le conosciamo, infatti la pianta cruda o grezza, dispone solo dei precursori di tali molecole che vengono identificati con CBDA e THCA. Queste sono le forme acide prive di effetti psicotropi (nel caso del THCA) e devono essere decarbossilate (una conversione chimica in grado di cambiare la forma della molecola mediate riscaldamento), per attivare CBD e THC.

Nelle piante di Cannabis Sativa però ci sono altri cannabinoidi, seppur presenti in misura minore, che non sono meno importanti e che hanno a loro volta eccellenti proprietà medicinali. La ricerca ne sta scoprendo i numerosi effetti solo in questi ultimi anni, al punto da integrarli nei preparati a base di CBD o THC per enfatizzare l’effetto “entourage”, cioè la sinergia ottenuta dall’uso di diversi fitocannabinoidi in un solo composto che possono, in alcuni casi, aumentare l’efficacia dei trattamenti. Questi preparati ad “ampio spettro” che contengono diversi fitocannabinoidi sono purtroppo molto più complessi da regolamentare rispetto a quelli a base di puro CBD o THC, che allo stato attuale sono gli unici ad aver ricevuto una qualche forma di status legislativo che permette di venderli e produrli senza andare contro a sanzioni di tipo penale.

CBG – è la molecola non acida del precursore CBGA a cui si sta sempre più spesso rivolgendo attenzione grazie alle sue proprietà benefiche anti-tumorali, anti-infiammatori, antibatteriche, antifungine, antidepressive e analgesiche. Usandola esternamente in creme o gel combatte la formazione della psoriasi.

THCA – precursore del THC, non ha proprietà psicotrope e si trova nella pianta fresca. Può essere usato nelle centrifughe, nel té, masticata a crudo o estratta per fare l’olio. Le sue maggiori proprietà medicinali sono anti-tumorali e contro i problemi di obesità.

CBDA – è il precursore acido del CBD che si trova nella pianta grezza. Non si sa ancora molto ma alcuni studi hanno dimostrato che può avere effetti positivi come antiematico, anti-infiammatorio e anti-tumorale soprattutto per alcune forme di cancro.

CBN – presente in basse quantità nella pianta grezza è un sottoprodotto del THC. Può provocare un leggero effetto psicotropo, ma solo in grandissime quantità. Può essere utile come calmante e per riposare meglio durante la notte. Tra le sue proprietà abbiamo quelle sedative, antibatteriche, analgesiche, antinfiammatorie, anticonvulsivanti, e se usato esternamente può contrastare la formazioni di psoriasi e lenire le bruciature.

THCV – un cannabinoide minore non intossicante usato in alcuni farmaci contro l’obesità, anche se la ricerca è ancora ai primi studi. Sembra avere anche effetti positivi nel contrastare malattie degenerative del cervello come la demenza e l’Alzheimer.

CBDV – prodotto da alcune varietà di Cannabis, anche questo non intossicante, sembra avere proprietà anticonvulsivanti ed è capace di ridurre le infiammazioni dell’intestino.

Terapie con CBD

Ricapitolando: la ricerca scientifica fino ad ora ha prodotto moltissimi studi a riguardo e le pubblicazioni su riviste internazionali di medicina si fanno sempre più numerose anche se stiamo ancora all’inizio. Il CBD e il THC risultano di fatto utilizzabili in numerose terapie con risultati soddisfacenti anche se, come nel caso della farmacologia, non possono essere stabiliti a priori gli stessi risultati per ogni individuo. Questo a causa di quelle differenze di carattere genetico e fisiologico che possono influire su una minore o maggiore risposta dell’organismo alle soluzioni adottate. In ogni caso abbiamo risultati soddisfacenti, corredati da studi scientifici, in malattie e disturbi sia cronici che acuti come il DDA – disturbo da deficit dell’attenzione o iperattività, Alzheimer, Artrite, disturbi d’Ansia come gli attacchi di panico, alcuni tipi di tumori, Cardiopatia, Cefalea, Colite Ulcerosa, Degenerazione Maculare, Depressione, Dermatite Atopica, Disordine da Stress Post Traumatico, disturbi oculari, Eczema, Emicrania, Epilessia, Fibromalgia, FM, Glaucoma, Inappetenza, Infiammazione, Ipertensione, malattia di Crohn, nausea e vomito, disintossicazione da Oppiacei, patologie cardiovascolari, problemi della pelle, Schizofrenia, Sclerosi Multipla, sindrome del colon irritabile, sindrome premestruale, SM, SPM, Trombosi.

Per saperne di più continuate a seguirci perché tratteremo singolarmente ognuno di questi disturbi in dettaglio, così da potervi fornire un maggior numero di informazioni a cui fare riferimento nel caso voleste intraprendere una terapia a base di CBD.